“Lo stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l’Italia meridionale e le isole, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono d’infamare col marchio di briganti –ANTONIO GRAMSCI -”

domenica 24 gennaio 2016

Sud: Dividerlo per governarlo, quindi uniti si vince.




Il Governatore della Puglia, Michele Emiliano, non più tardi di qualche giorno fa, nella conferenza di fine anno, ha ribadito il concetto che è fondamentale per le regioni del Sud coordinarsi per interloquire con il Governo questione per questione per portare a casa risultati concreti e strategici per l’intero sud.
Questa teoria, sostenuta anche dal Partito del Sud, ha avuto, tra l’altro sua riprova tangibile nella questione trivelle in Adriatico. Infatti dopo che le regioni adriatiche e la maggior parte delle Regioni del Sud hanno sostenuto e ottenuto il referendum contro la legge che consentiva le trivellazioni nell’Adriatico e comunque molto vicino alle coste, il Governo, per evitare lo scontro e quasi certamente una pesante sconfitta, ha pensato bene di ritirare il provvedimento, ottenendo così l’annullamento, per il momento, dell’appuntamento referendario.
Questo dimostra che le regioni, unite vincono le loro battaglie.
Questo il premier e il Governo, lo sanno bene e quindi hanno provato e continueranno a provare a dividere il fronte regionale invitando a trattativa one to one sia Regioni che Città Metropolitane.
Qualche regione, a cominciare dalla Campania di De Luca, a questo gioco partecipa volentieri perché il Governatore non alcun interesse a rompere definitivamente il legame con Renzi e perché immagina per la “sua” Campania un percorso diverso.
Il Sindaco di Napoli, poi, sarebbe il casus belli che consente a Renzi di non andare a Napoli perché il sindaco di Napoli, a detta dell’inquilino di Palazzo Chigi non avrebbe “abbastanza Stile” per poterlo incontrare. Anche qui sarebbe il caso di non fare una battaglia solitaria per Napoli, ma sarebbe opportuno promuovere un fronte il più possibile unito delle città del sud e marcatamente delle città metropolitane. In questo caso però l’ostacolo al prosieguo di ipotesi di questo genere viene, ad esempio, dal Sindaco di Bari che, contento della situazione della sua città, preferisce non inimicarsi i palazzi romani.
L’ipotesi poi ventilata da De Magistris, sicuramente interessante, di autonomia della città di Napoli, andrebbe pensata e proposta non tanto e non solo come capacità impositiva e di spesa della città stessa e quindi in ottica quasi isolazionista, ma come un punto di partenza verso un ruolo che la città di Napoli dovrebbe andare a ritagliarsi all’interno di un coordinamento tra regioni e città metropolitane in ottica macroregionale. Solo così Napoli potrebbe tornare a recitare quel ruolo che gli è naturale di città di riferimento del Sud Italia e tra le città di rilievo dell’intero Paese.
Ma Renzi a Napoli non viene per colpa di De Magistris e Bari non va per colpa della Pennetta e della Vinci, questa è l’Italia istituzionale vista dal Premier, quella che prevede la presenza sempre e comunque nei salotti buoni, mai nei luoghi del degrado e del disagio sociale ovunque essi si trovino. Il Sud è caso a parte, semplicemente non esiste.
E ci si prepara anche a un referendum costituzionale, “vitale” secondo il premier, e vitale anche per il sud (secondo noi) nel senso che, con le riforme che si vogliono mettere in campo: con un Governo sempre più forte, un Parlamento ridotto a una sola camera operativa, l’altra solo virtuale e inutile, e con un depotenziamento delle regioni è chiaro che, se ci riflettiamo, un po’ potrebbe essere il caso di cominciare a prepararsi per votare “no”, ma non, come lo vuole far passare Renzi, come referendum su “Renzi si o Renzi no”, ma come un quesito sull’Italia e la sua forma istituzionale parlamentare e regionale.
Quella Costituzione, fatta di pesi e contrappesi, che dopo il referendum, se dovessero prevalere i “si” vedrebbe prevalere solo i pesi a fovore dei governi di qualunque colore essi siano. Pensiamo quindi a non farci dividere in tifoserie, lavoriamo uniti e spingiamo i nostri amministratori locali ad essere uniti negli obiettivi da raggiungere siano essi regionali, siano essi strategici per tutto il sud. Lavoriamo uniti anche perché si vada verso una nazione federale ed efficace e non verso un regionalismo di facciata e un Governo “padrone” incontrastato per 5 anni del potere.
Ricordiamoci, uniti si vince, divisi si fa vincere.



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