“Lo stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l’Italia meridionale e le isole, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono d’infamare col marchio di briganti –ANTONIO GRAMSCI -”

lunedì 11 maggio 2015

La lontananza è come il Veneto

di Isidoro Malvarosa - Se immaginassimo gli emigrati calabresi disposti dentro un'aula parlamentare, potremmo tranquillamente sistemarli in un grande blocco centrale sormontato da due ali estreme. Da una parte gli oltranzisti/traditori che hanno rinnegato la Calabria, dall'altra i mammoni/sospesi che non riescono a recidere il cordone ombelicale con la madre patria.

I primi hanno tagliato quasi del tutto i legami, rientrano sempre meno (non torneranno più), sono integrati nella città che li ha accolti, provano a cambiare accento (o quantomeno a dissimulare il proprio); della Calabria, se proprio ne devono parlare, ne parlano male.

Gli altri rientrano un fine settimana sì e l'altro pure, telefonano tre volte al giorno a casa, frequentano solo altri calabresi, mangiano soltanto cibi importati dalla Calabria, hanno la Calabria sempre in testa e nel cuore, farebbero carte false per ottenere un trasferimento giù.

In mezzo, il grande blocco: quelli che un giorno maledicono la Calabria e l'altro la rimpiangono, orgogliosi delle proprie origini e dilaniati dai sensi di colpa, consci delle meraviglie del mondo, felici e allo stesso tempo pentiti di essere partiti, di non aver sì fatto la fine della rana nel pozzo, eppure consapevoli di non poter più tornare indietro, di non poter essere più quelli di prima.

Questi emigrati, la stragrande maggioranza, a sentir dire che "la Calabria non è il Veneto", non hanno nessuna reazione di sdegno. Probabilmente non vivrebbero nel Lazio, in Lombardia, in Piemonte, se fosse vero l'inverso. Eppure il calabrese residente s'indigna. Nordista! Leghista! sono le accuse più docili a chi si è permesso di proferire la frase. Traditore! Fuoco amico! a chi ha avuto l'onestà intellettuale di benedirla. Nientemeno che il presidente Oliverio, il massimo rappresentante politico dei calabresi.

La reazione, come sempre in questi casi – e mai quando si tratta di arresti per truffe ai danni della comunità o per associazione mafiosa – non si fa attendere: ci si riscopre pieni di amor proprio, in Calabria improvvisamente funziona tutto.

E se non funziona è soltanto colpa di chi quelle frasi le pronuncia e mai del calabrese. Del compare cui telefoniamo per farci saltare la fila all'INPS, del barelliere che accetta di fare il volontario 14 ore al giorno all'ospedale "perché poi lo sistemano", di chi si ostina a non fare la differenziata e continua a gettare la spazzatura per strada, del calabrese che ha fondato la 'ndrangheta, del turista da fottere una volta e non far più ritornare, dell'impiegato che timbra e va a fare la spesa, del Messina che ha regalato la partita al Savoia.

È, come sempre, colpa dell'altro. Di chi riporta la realtà, del nord brutto e cattivo, dei Savoia, della Fiat, del mostro a tre teste. Senza porsi il dubbio che, forse, la povertà ce la siamo un po' cercata, costruita da noi, subita e accettata.

Se la Calabria non è il Veneto è certamente colpa di decisioni politiche nazionali miopi, quando non premeditate. Ma si è trattato di scelte avallate da una classe dirigente meridionale in larga parte incompetente, se non collusa, espressione di un elettorato ignorante, imprevidente e corrotto. Calabresi che hanno mercanteggiato diritti collettivi con rendite parassitarie, lotte sindacali con pensioni d'invalidità, fondi europei per lo sviluppo con gettoni di presenza ai corsi di formazione, infrastrutture con posti al catasto. Facendosi ammansire dalle promesse elettorali di turno, dal contentino, dalla promessa dell'assunzione nei vigili, dal 'po vidimu'.

E mentre nessuno impuntava i piedi e scendeva in piazza quando lo Stato si piegava a loschi politicanti locali e appaltatori, mentre la 'ndrangheta presidiava i porti e i mafiosetti del rione occupavano lentamente i luoghi del commercio e del potere; le anime belle diventano ipersensibili davanti alla realtà dei fatti. Una realtà drammatica nella quale i calabresi sono stati parte attiva.

Vittime e carnefici.

Accalorati patrioti, ma mai coerenti.

Pronti a vendersi per un piatto di spaghetti. Quell'ennesima concessione piovuta dall'alto, l'assistenzialismo cui proprio non sappiamo rinunciare. La visione d'insieme, la forza di rifiutare – gli avanzi, i favori, il rispetto da portare – che davvero ci manca.

E se fuori possiamo fare scudo, batterci la mano sul petto e dire 'La Calabria non si tocca', 'Sono calabrese e me ne vanto'; guardandoci negli occhi non ci resta che ammetterlo: Già, la Calabria non è il Veneto, purtroppo.

Fonte: il Dispaccio


giovedì 7 maggio 2015

LETTERA AL PRESIDENTE RENZI: LA CALABRIA NON È COME IL VENETO!

Carissimo Signor Presidente, sono io, Giusy la calabrese.

Volevo in breve, ma tanto in breve, in breve assai, in brevissimo appunto, dirle io il perché la Calabria non potrà mai essere come il Veneto (e il Veneto mai potrà diventare come la Calabria).
Vede: “una mamma (Calabria) fa per cento figli, cento figli (politica italiana) non fanno per una mamma (Calabria)”.

Alla Calabria avete spolpato l’osso ed il mastrosso. Le sono state inflitte piaghe mai risanate. L’avete devastata con la mala politica, i soprusi, le ingiurie. ve la siete giocata ai salotti dei mangia franchi, e per chissà quale piglio, le avete sempre addebitato il carico pieno, ciclico e continuo dell’emigrazione. Le avete tolto i padri, afflitto le madri. Le avete rotto la noce del collo a tradimento, con le colpe, i pregiudizi, i preconcetti. Le avete aumentato le distanze. Abortito i ventri gravidi. L’avete incarognita, l’avete!

Quaggiù, venite, tirate le pietre, e poi partendo, nella strada del ritorno, nascondete la mano. Quaggiù, caro il mio Presidente, non ci sono marionette, e neppure i burattini di Collodi. Non ci sono voti e schede elettorali. Qui, ci sono uomini. Numeri infiniti di uomini capaci, ingegnosi, dotti. Quaggiù ci sono menti, che nel più bello, (e voi sapete come), vi fottete. E a chi resta promettete terre marge e mari di morti.

Guardo il mio Tirreno, penso allo Ionio, e non più pesci guizzare vedo, ma corpi. Corpi fragili, senza speranza. Mattanze di carni lamentose, e noi qui, a lavorare mettendo croci, per comporre i cimiteri dell’acqua.
La ‘ndrangheta? Beh!, la ‘ndrangheta non è la causa, ma l’effetto più devastante di un’Altitalia che si sciacqua i cenci con l’acqua degli Dei, e poi li maledice.
Venga signor Presidente. Venga quaggiù con tanti viaggi: in automobile, in treno, e pure in pullman. Badi bene, che quando sarà a percorrere la Salerno-Reggio, le toccherà d’uscire a Laino Borgo. È qui che si fanno i rafting più avventurosi che possa immaginare.

Poi segua fin giù giù. Vediamoci a Capospartivento. Due chiacchiere. Giuro, soltanto due, perché nel viaggio di ritorno, possa ricordarsi di una terra bella, che è stata, ed è, la NOSTRA prima Italia.
Ad maiora presidente.

Giusy Staropoli Calafati (la calabrese)

Fonte : giusystar.myblog.it

sabato 2 maggio 2015

LA TERZA SOCIETA’

Di Bruno Pappalardo

Così viene oggi definita,  “TERZA SOCIETA’”. E’ quel nuovo modello sociale tanto diffuso. Quale?
E’ una specie di ceto.  

Spiego: La PRIMA, dovrebbe comprendere i lavoratori cosiddetti “garantiti”, dipendenti pubblici e privati permanenti e con una forte rappresentanza politico-sindacale.

La SECONDA, invece quella di soggetti esposti a rischio. Le piccole imprese, lavoratori autonomi  et cetera,  rappresentati solo dai propri datori di lavoro.  (o qualche padronato)

Ecco la TERZA! E’ un microcosmo di “ESCLUSI”. Un mondo di “ outsider” o “lavoratori a nero” ( spesso immigrati) o disoccupati in genere tra cui quelli che cercano lavoro attivamente e quegl’altri che non lo cercano affatto perché depressi, delusi e respinti. E’ quella senza alcuna GARANZIA. Tra questi, risaputo, moltissimi giovani e donne.
Sono circa 9 milioni!
Sono italiani di cui 3 milioni stabili disoccupati.

Ora dividiamo, per capirci e con le dovute distinzioni, l’Italia in tre pezzi: Nord Ovest-Est; Centro e SUD (meridione)

Ebbene quasi 5 milioni sono su quest’ultimo territorio. Il 47,6%.

La nostra lotta è rivolta a tutti loro ma in particolare al Sud dove persiste statuale la disoccupazione più feroce e inamovibile.
Paradossale! Una delle cause maggiori di depressione produttiva  al Sud è stato la lotta al “lavoro nero”. La riduzione di lavoro è stata generata anche da questa (solo il 7,7 % - al Nord il 20%)
Degli indicatori, tuttavia, degli indicatori raccontano che parte di questo,  dal Sud sia (anche il “nero” ) sia   EMIGRATO AL NORD!

AIUTIAMO, DUNQUE,  CON RISORSE MIRATE QUESTO ENORME TERRITORIO  CHE NON CERCA ASSISTENZIALISMO, ( qualora  ancora così fosse traboccherebbe la povertà)  MA SOLO EQUAGLIANZA DI DIRITTI, CORRISPETTIVI DOVERI MA SOPRATTUTTO NUOVI IMPULSI PER SCHIACCIARE LA “TERZA SOCIETA?” FIGLI DISONORATI  E CALPESTATI  DALLA FORNERO.



Primo Maggio una data ( e un luogo ) da non dimenticare!





PIETRARSA  NEL  CUORE  DEL  SUD

Il PARTITO DEL SUD invita in questo 1° Maggio al ricordo in omaggio alla memoria degli operai (ufficialmente 4, ma probabilmente circa una decina) fucilati a Pietrarsa , vicino Napoli, fuori la gloriosa fabbrica di locomotive vanto dell’ex Regno delle Due Sicilie e leader in Europa. La fabbrica fu smantellata per favorire la crescita dell’Ansaldo di Genova. L’opera iniziò riducendo le maestranze, inasprendo l’orario lavorativo e tagliando parte della retribuzione. Vi fu la prima rivolta operaia d’Italia, repressa il 6 Agosto 1863 con la fucilazione di alcuni operai, prime vittime dell’industria del neonato Regno d’Italia.

Il PARTITO DEL SUD, come da comunicato del 13 Giugno 2013 u.s., a fronte della nomina, come delegato del Sindaco di Napoli Luigi de Magistris, di Andrea Balìa nella Commissione Toponomastica del Comune di Napoli per nomina diretta, ha ottenuto l’ importante risultato nella prima seduta del 12 Giugno 2013 su relative proposte dello stesso partito :

    - la titolazione di strada/piazza ai “Martiri di Pietrarsa”.

   Prossimamente verrà calendarizzata la cerimonia di titolazione con ufficializzazione relativa targa.

  Tra i commissari incaricati e votanti della Commissione Toponomastica anche il prof. Vincenzo Caratazzolo, sempre iscritto al Partito del Sud, (docente universitario in 3 Atenei, ex alto dirigente Alitalia, esperto di trasporti e in merito a ciò membro di relative commissioni parlamentarie ).

Il PARTITO DEL SUD ritiene che il pensiero di tale triste evento debba essere ben presente nella memoria d’ogni meridionale e vada omaggiato in modo concreto come da nostro impegno ad ottenere la titolazione d’una strada che renda costante e tangibile il segno dell’omaggio in memoria del sacrificio dei nostri fratelli. Condivisibile ogni cerimonia in merito, pur ritenendo il Partito del Sud più fattivi e concreti contributi reali come quello ottenuto dal lavoro di cui si fa carico il partito a fronte d’un impegno costante e al riconoscimento che riceve da nomine e collaborazioni politiche che ne permettono l’attuazione.

PARTITO DEL SUD