
Sembra incredibile che una struttura di questa grandezza, maestosità,imponenza, totalmente abbandonata e degradata stia al centro di una cittadina , considerata turistica, come è Praia a Mare. Uno scheletro enorme che emerge fra campi ancora coltivati, palazzi speculativi per turisti e residenti fatta di amianto,ferraglia arrugginita,carcasse di auto. Si entra da un lato, quasi nascosto posto proprio alle spalle del cimitero praiese. Di fronte c’è la linea ferroviaria , dall’altra parte scorre veloce la strada provinciale , che delimita un altro scheletro che è quello della famigerata Marlane. Entriamo nello stabilimento della Lini e Lane dove campeggia gigantesco, a mo di guardiano un enorme serbatoio in cemento-amianto. E’ come entrare in un enorme discarica a cielo aperto. Una discarica invisibile che non vede nessuno, né il sindaco Lomonaco , né l’ASL. I tetti sono in amianto, così altre strutture. I topi sono dappertutto, anche se ci sono cani di ogni razza che li spaventano e li tengono lontani da noi umani. Il silenzio è rotto solo dai treni che passano e che rimbombano all’interno vuoto della vecchia fabbrica. Negli anni 60, questo capannone, era il fiore all’occhiello di tutta la Calabria. Vi hanno lavorato fino a 400 persone. Da qui uscivano lenzuola, ricami, fazzoletti, tovaglie per tutta Italia. Lo stato di allora, i governi di allora, i vari panzoni , forchettoni democristiani, venivano a visitarla periodicamente rivendicandone nuovi finanziamenti e nuovi incentivi. Così come alla Marlane e in tutte le fabbriche tessili dell’epoca, a Castrovillari, come a Cetraro, ed a Scalea, da qui , non uscivano solo, “lini e lane” ma anche voti a profusione per la Democrazia Cristiana. Basta leggere le interrogazioni parlamentari , finte, che gli stessi democristiani calabresi rivolgevano ai loro stessi governi democristiani. Le facevano dimostrando interesse per gli operai e poi in parlamento votavano per le dismissioni. Le interrogazioni del 1967 portano la firma di Mariano Luciano Brandi, socialista saprese, di area manciniana che fu deputato dal 1968 al 1972. Le altre del 1979 portano la firma di Romei, Buffone, Cassiani, Pucci. Democristiani doc che hanno fatto la storia del partito e della Calabria. I sindacati reggevano il sacco ai partiti. Si accontentavano di esistere con le loro tessere ed anche loro ne approfittavano per ottenere qualche indotto lavorativo, come avveniva alla Marlane dove la triplice sindacale si era spartita tutto l’indotto esterno della Marzotto costituendo cooperative e mettendovi a presiedere i segretari capi sindacali di Praia a Mare. Loro sapevano tutto su che fine facevano quelle industrie tessili che si reggevano solo con i cospicui finanziamenti delle varie Casse del Mezzogiorno, Isveimer, IMI, GEPI. Sono gli operai che non lo sapevano. Operai che provenivano tutti dal mondo contadino, che non avevano mai visto uno stipendio mensile, e che per loro anche una cifra modesta ricevuta ogni mese, serviva loro per incentivare i loro sogni. Veder e il figlio laureato, pagare qualche debito, comprarsi l’auto, magari una cinquecento, o un tre ruote per andare il pomeriggio in campagna, finirsi la casa costruita mattone per mattone da loro stessi. Stefano Rivetti, il conte biellese, arrivò trionfante in queste zone. Con le tasche piene di soldi dello Stato e con la voglia di arricchirsi ancora di più. Aprì aziende , prima a Maratea, chiamate R1 e R2, poi a Praia, appunto la Lini e Lane, poi a Tortora, la PAMAFI, acronimo di PAdre, MAdre e FIglio, dove costruì serre per coltivazioni ed allevamenti. Il conte Rivetti proveniva da una famiglia di industriali. Già nel 1879, il nonno Giuseppe possedeva ben 4 stabilimenti nel biellese, precisamente a Mosso. Con il novecento, le aziende diventano lanifici e si specializzano nella produzione di cascami di rayon. Il padre Oreste continua negli investimenti in questo ramo. Ma l’intuizione di Stefano è stata quella di vedere nel sud la soluzione alla crisi che il settore già stava attraversando. Non è lui ad investire, ma lo Stato. Stefano Rivetti è amico dell’on.Colombo, potente democristiano lucano, e attraverso lui riesce ad ottenere miliardi di vecchie lire. Il conte non investe solo nell’industria tessile ma anche in strutture alberghiere. Ne costruisce una esclusiva per quell’epoca, l’Hotel Santa Venere, su una bellissima scogliera di Maratea. L’Hotel diventa meta di ricchi , artisti, diplomatici, politici provenienti da tutta Italia. Se le attività industriali mostrano la corda quelle turistiche invece vanno bene. Il conte Rivetti a questo punto molla tutto e vende ciò che aveva avuto in regalo dallo stato prima alla Lanerossi, poi all’Imi ed infine arriva Marzotto. Nel 1963 ecco il colpo finale,geniale. Nemmeno Berlusconi nella sua megalomania arrivò a tanto. Stefano Rivetti pensa al suo mausoleo personale. Dona al Comune di Maratea una statua che dovrebbe raffigurare il Cristo, ma che al quale è poco somigliante. In tutte le iconografie del volto di Cristo non ne troviamo una con i capelli ricci e la barba corta. Di solito Cristo è raffigurato con i capelli lunghi e la barba lunga a punta. E’ chiaro che la somiglianza è verso se stesso. La statua la seconda più alta del mondo è alta 21 metri con un apertura delle braccia fino a 19 metri. Ma non finisce qui. Alla morte del conte avvenuta il 7 ottobre del 1988 la famiglia ottiene la possibilità di poter seppellire le ceneri all’interno di una grotta basiliana con un dipinto bizantino dell’anno 1000, posta proprio sotto i piedi della statua. La grotta viene privatizzata e munita di due robusti cancelli che ne impediscono l’entrata.

In una presentazione del mio libro “La Marlane : la fabbrica dei veleni” , avvenuta a Maratea e dove intervenne il sindaco , posi la questione , ed il sindaco candidamente rispose di non saperne nulla di questa grotta e della sua chiusura. La statua del finto cristo adesso è l’unica cosa materiale che è rimasta del conte Rivetti e delle sue operazioni finanziarie. Tutto è ridotto a scheletri industriali. Potrebbero diventare musei questi fabbricati. Ma il loro destino è ben altro. Per gli stabilimenti della MARLANE sono in vista nuovi finanziamenti. Si parla di 70-80 milioni di euro per trasformare tutta l’aera in un enorme parco divertimenti costituito da una darsena per 500 posti barca, alberghi , villaggi, centri commerciali. Tutto in nome dello sviluppo, del turismo, del lavoro e soprattutto delle clientele che andranno a formarsi anche in vista delle vicine elezioni amministrative dove tutti i soggetti della politica praiese, nascosti nell’ombra o in prima fila sono ancora operativi e muovono le fila per essere presenti nell’assise comunale . Antonio Praticò sindaco per 15 anni e poi per interposta persona, tramite il fratello Biagio per altri 5 anni, ex consigliere provinciale del PD-Margherita, ex sindacalista della Marlane, ex assessore ai lavori pubblici, ha già pronta una lista, che dicono tutti sarà vincente. Gli altri, quelli contro di lui stanno cercando di coalizzarsi per non farlo vincere. Con loro nell’ombra, l’attuale sindaco Lomonaco, imputato nel processo Marlane, accusato di omicidio colposo plurimo e disastro ambientale per aver ricoperto la carica quale responsabile del reparto tintoria dal 1973 al 1988, e quale responsabile del l’impianto di depurazione dal 1973 al 1988, ed in qualità di responsabile della fabbrica dal 2000 al 2003. I soggetti contro Praticò, provengono quasi tutti dall’attuale amministrazione e li unifica non un progetto alternativo ma solo la consapevolezza che se non fanno una sola lista Praticò ritornerà al comune per i prossimi 15 anni. Intanto litigano per chi deve fare il capolista senza una proposta alternativa. L’eco di questi tamburi di guerra non arrivano nella pancia della Lini e Lane. Lì ci sono topi e immondizia. Tantissima immondizia. E invisibili la dentro vivono anche uomini, donne e bambini. Uomini, donne e bambini, invisibili, insieme a topi ben visibili. Bambini, come fantasmi girano allegri, inconsapevoli dentro lo scheletro. Nessuno li vede questi fantasmi. Stessero nell’immondizia. Prima , proprio con Praticò, erano stati alloggiati in una casa di proprietà del comune. Giunto Lomonaco , investito da sindaco, dopo solo tre giorni sono stati buttati fuori. Le promesse elettorali si mantengono . Adesso c’è un centro anziani, e loro, gli invisibili sono ritornati nella grande balena. Anche da lì Lomonaco ha tentato di cacciare questi invisibili. Ha fatto un ordinanza di sgombero. Ha sigillato gli ingressi, ma loro da invisibili sono ritornati lì, dove potrebbero andare altrimenti ? La discarica nessuno la vede. Né il sindaco, né l’ASL, eppure al di là di chi vi vive al suo interno, è sempre una discarica, prodotta da anni di incuria ed abbandono. La Lini e Lane è privata, dicono, ed il comune non può intervenire a ripulirla. Ma il comune potrebbe far intervenire il privato e bonificare tutta l’area dando un riparo dignitoso a quegli uomini,donne e bambini, che molti non vedono o non vogliono vedere. Per fortuna , nei nostri paesini di provincia, ancora esiste gente caritatevole, che porta loro, cibo, carne, verdure, qualche soldo per acquistare qualche bombola. Questa gente, vive nella pancia della balena , come Giona, in tre roulotte. La più anziana è oggi ricoverata nell’ospedale di Praia. Fuori dalla roulotte è rimasta la sua bombola d’ossigeno. I bambini intanto giocano con tutto. Riempiono di gioia questo luogo triste. Ma le loro urla di gioia non arrivano fuori dalla balena. Ci sono i comizi elettorali, le primarie, bisogna convincere i giovani a votare, si devono far vedere i nuovi progetti. Che vuoi che siano 8 persone, brutte, sporche e incattivite dalla sporcizia della discarica e che peraltro non votano nemmeno !
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