NEOBORBONICI E ORGOGLIO PERDUTO DEL SUD
di Gigi Di Fiore
Le tante lettere su come il Mezzogiorno fu annesso al resto dell’Italia, giunte al Mattino negli ultimi giorni, possono stupire solo chi ignora l’entità del risveglio di interesse attorno a questi temi.
Da tempo è esploso quello che Lino Patruno definisce «Fuoco del Sud». È la riscoperta dell’identità meridionale, il piacere di definirsi «terroni», riscrivendo, almeno in parte, la storia della fine del regno delle Due Sicilie. Perché in Rete si vienesommersi da sigle di gruppi, tutti con l’obiettivo di rileggere cosa accadde nel 1861? La marea inarrestabile ha ricevuto lo scossone decisivo dal successo del famoso libro «Terroni» di Pino Aprile. Un pamphlet che mette insieme dati storici e vena polemica contro quella che Aprile definisce educazione alla minorità: «Se ti convincono che eri arretrato e resti arretrato, è colpa tua e non di chi ti governa>’, Il passaparola sul libro e le discussioni sulle celebrazioni dei 150 annidi unità d’Italia hanno fatto da volano alla riscoperta di autori e pubblicazioni che, avendo preceduto nel tempo il libro di Aprile, ne hanno fornito materiale e humus. In Rete il popolo meridionale si ritrova al Sud come al Nord. Prima <’terrone» era un’offesa, oggi è diventata una medaglia. Dietro, ci sono associazioni e movimenti, a volte di recente costituzione e di poche decine di iscritti. Le sigle più note, per tradizione e serietà, restano l’Associazione neoborbonica, il Partito del sud, Insorgenza civile, Comitatiduesicilie, Orgoglio meridionale. La mailing list dei neoborbonici fa 15mila contatti.
È solo orgoglio meridionale, la rivalsa di chi non ci sta più ad essere etichettato come fannullone, arretrato, condannato da tare antropologiche al sottosviluppo e all’inferiorità piagnona rispetto al Nord? I neoborbonici nacquero 20 anni fa, con loro c’era anche un ironico Riccardo Pazzaglia. Fu lui a scegliere il nome dell’associazione: neoborbonici, una provocazione per identificare la protesta del Sud con qualcosa che precedeva l’unità perché, come sempre nella storia, non tutto ciò che c’era prima del 1861 era negativo. Gennaro De Crescenzo, attuale presidente dei neoborbonici, è professore di storia e frequentatore di archivi. Un appassionato che contesta il pregiudizio acritico, la storia divisa a fette tra buoni e cattivi, come invece sostiene Aldo Cazzullo a proposito della guerra civile del brigantaggio. Certo alcune forme di estraneità per lo Stato nel sud sono ereditate delle modalità con cui fu costruita la nostra nazione: imposta dall’alto, voluta e realizzata da un’élite, estranea alle popolazioni rurali, come sostennero già Gramsci e in parte Croce. Le classi dirigenti di allora, i notabili latifondisti, fusero subito i loro interessi con quelli della borghesia imprenditoriale del Nord, temendo che quella rivoluzione politica potesse diventare anche sociale.
Le campagne erano in rivolta, la guerra contadina, il brigantaggio, faceva del Sud il vero Far west dell’Italia appena nata. Furono i gattopardi di sempre, che muovevano voti e influenzavano masse popolari, a controllare il Mezzogiorno. E aderirono alle sceltepolitico-economiche dei primi anni dell’unità, privilegiando industrie e finanze del Nord anche a costo di penalizzare le necessità di sviluppo del Sud. La storia a una direzione non fa mai bene e sono convinto che nessuno al Sud pensa ad una secessione, ha nostalgia per i Borbone, o è contro l’unità. L’orgoglio meridionale di oggi comincia dalla rilettura, con documenti, di come diventammo una sola nazione. Non si tratta di dividere, ma di unire. Se si conoscono meglio i percorsi e le identità differenti del processo risorgimentale si ritroveranno forse le ragioni per tenere insieme nord e sud d’Italia che, ignorando le rispettive storie, diffidano l’uno dell’altro, guardandosi con pregiudizio. Cominciamo al Sud: inutile abbandonarsi alla retorica a rovescio del meridionale sempre e comunque migliore degli altri. Certo, le scelte dei primi anni di unità danneggiarono il Mezzogiorno, ma 150 anni dopo va superata la sterile autocommiserazione, la delega delle responsabilità. Partendo dalla rilettura più onesta di storie e culture del passato, l’orgoglio meridionale deve diventare coscienza che oggi più che mai è necessario l’impegno e la serietà di tutti. Neoborbonicí e non.
Fonte: OndadelSud.it
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